EVOLUZIONE NELL’APERTURA DELLE PORTE

Dalla gestione dell’ EMERGENZA al RESILIENT DESIGN 
Ormai da alcuni anni stiamo assistendo sempre con maggiore frequenza a fenomeni climatici estremi, spesso violenti, trombe d’aria, alluvioni, bombe d’acqua, ma anche a siccità e ondate di calore, che comportano ingenti danni e perdite di vite umane.
A livello internazionale già nel 1992 vi è stato interesse per questo tema, la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (entrata in vigore nel 1994) poneva particolare attenzione alle misure di riduzione dei gas serra. Nel tempo, poi, il quadro si è ampliato, prendendo sempre più campo concetti come adattamento e resilienza. (1)
Per Marc Augè (2), antropologo francese, gli esseri umani “…hanno esaurito numerosi giacimenti, prosciugato qualche mare interno, interrato rifiuti radioattivi, abbattuto foreste, lacerato lo strato di ozono, inquinato il cielo i mari e l’ atmosfera. Ci parlano di riscaldamento del pianeta e delle sue imminenti conseguenze sull’ ambiente: desertificazione, scioglimento dei ghiacci, innalzamento del mare. Osserviamo con sospetto le variazioni del termometro e aggrottiamo le sopracciglia a ogni bollettino meteo…”.
Non vi è dubbio che il cambiamento climatico sia anche al centro del dibattito sulle politiche economiche. In tutto il mondo i leader economici stanno finalmente iniziando a capire che, oltre alla crisi economica mondiale, il nostro pianeta è in preda a una crisi climatica. E nessuna di queste due crisi può essere risolta, prescindendo dall’altra. Uno dei grandi dilemmi con cui sono attualmente alle prese i leader politici di tutto il mondo è come riuscire a conciliare la prosperità economica con una politica climatica ambiziosa. È ovvio che i responsabili delle politiche climatiche debbano essere in grado di prevedere l’impatto economico di queste politiche. Sarebbe irresponsabile non farlo. È un ragionamento logico che riscuote il consenso generale.
Ma perché, allora, non sembra altrettanto ovvio per tutti che i responsabili delle politiche economiche debbano prevedere l’impatto che le loro politiche hanno sul clima?
A livello di enti di ricerca sta passando la constatazione che l’umanità non è riuscita a fermarsi per cambiare in direzione della sostenibilità, nonostante tutti gli avvisi e le decine di conferenze ed incontri internazionali. E la conseguenza sarà che i cambiamenti climatici ci sono ed aumenteranno nei prossimi anni. Pertanto l’ unica possibilità che resta all’ umanità è quella di adattarsi in modo da limitare i danni.
La Commissione Europea ha presentato nel 2013 la “Strategia Europea di Adattamento ai cambiamenti climatici”, che introduce un quadro normativo in grado di rendere l’Europa più capace di affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici, attraverso un sostegno agli Stati Membri, alle organizzazioni transnazionali e agli operatori locali con adeguate azioni a livello centralizzato. La strategia si basa su tre obiettivi principali:
Incoraggiare gli Stati membri ad adottare strategie di adattamento globali; ad oggi solo 15 sono i paesi che hanno una strategia di questo tipo; la Commissione metterà a disposizione dei Paesi dei fondi per aiutarli a migliorare le capacità di adattamento e a mettere in campo interventi.
Integrare l’adattamento in politiche particolarmente delicate come l’agricoltura, la pesca e la politica di coesione, facendo sì che l’Europa possa contare su infrastrutture più resilienti e promuovendo l’uso delle assicurazioni per tutelarsi contro le catastrofi naturali e d’origine umana.
Facilitare e promuovere processi decisionali informati, colmando l’attuale scarsità di conoscenze in materia di adattamento e dando maggiore impulso alla piattaforma europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici (Climate-Adapt).

Durante la presentazione della strategia, è stata anche illustrata una nuova relazione dell’Agenzia europea per l’ambiente (Adaptation in Europe), che descrive le politiche e alcune delle misure adottate a livello europeo e dai singoli paesi europei. Al momento metà dei 32 paesi membri hanno elaborato piani di adattamento e alcuni hanno iniziato ad agire, benché tutti i paesi abbiano ancora molto lavoro da fare. (3)
Questa relazione fornisce una serie di informazioni utili ai responsabili politici di tutta Europa per mettere a punto la pianificazione e l’attuazione delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici nelle diverse fasi di decisione delle politiche e di formulazione delle leggi. Pertanto, la relazione contiene sezioni specifiche rivolte a pubblici diversi.
I documenti più importanti, a livello europeo, risultano essere:
Programma ECCP (European Climate Change Programme) elaborato dalla Commissione Europea nel 2000
Libro Verde “L’adattamento ai cambiamenti climatici in Europa – quali possibilità di intervento per l’UE” pubblicato dalla Commissione Europea nel 2007
Libro bianco “L’adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d’azione europeo” del 2009 che contiene una serie di azioni concrete di adattamento possibili nel contesto delle politiche chiave dell’UE
Strategia di adattamento “Guidelines on developing adaptation strategies”.

Ancora c’è molto da fare, i cambiamenti climatici stanno già pesantemente mostrando la loro portata distruttiva per la società e per l’Ambiente, come messo in luce anche da una recente relazione dell’ Agenzia Europea Ambiente.
L’ Europa si sta muovendo da anni in questa direzione anche con città italiane particolarmente attente. In Italia segnalo il progetto LIFE ACT – Adapting to Climate change in Time, all’ interno del programma LIFE Environmental Policy and Governance, a cui ha partecipato la città di Ancona che ha ora un Piano di Adattamento Locale, finalizzato a limitare gli impatti del cambiamento climatico e a ridurre la vulnerabilità dei territori e delle comunità locali.
ISPRA in un suo rapporto “Adattamento ai cambiamenti climatici: strategie e piani in Europa” esamina e mette a confronto le iniziative intraprese da Francia, Spagna, Finlandia e Danimarca.
Nel 2011 l’Enea ha predisposto il rapporto “Politiche e misure nazionali sui cambiamento climatici – elementi per una valutazione” e quest’anno il MATT (più comunemente noto come Ministero dell’Ambiente) ha predisposto la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che definisce, da una parte, la strategia per affrontare questo importante problema, dall’altra indica con chiarezza, nel piano di adattamento, quali devono essere le azioni concrete da realizzare per ridurre i problemi dovuti ai mutamenti del clima in atto.
Nella strategia di adattamento viene elaborata una visione nazionale su come affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici e vengono individuate una serie di azioni ed indirizzi per fare fronte agli impatti climatici. In sintesi la strategia fornisce un quadro di riferimento con l’obiettivo di:
migliorare le conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro impatti,
– descrivere le opportunità, la vulnerabilità del territorio, le opzioni di adattamento per tutti i sistemi naturali ed i settori socio economici,
– promuovere la partecipazione ed aumentare la consapevolezza dei portatori di interesse
– supportare la sensibilità e l’informazione sull’adattamento attraverso un’attività di comunicazione capillare e costante
– individuare le migliori opzioni per le azioni di adattamento.

Cominciamo anche a vedere come il clima impatta sulle politiche economiche: il ministero dell’ Ambiente ha fissato in 40 miliardi di euro la somma necessaria alla messa in sicurezza del territorio …… nella legge di stabilità sono previsti 30 milioni.

La Costituzione italiana attribuisce la competenza alle Regioni che varano una legge che “regola” la protezione civile, ma ancora non c’è omogeneità di procedure e linguaggi. “ La previsione di protezione civile consiste, da parte del Sindaco, nella capacità di individuare i rischi probabili, non possibili, di tipo idraulico, idrogeologico, ambientale, sismico, e così costruire il proprio piano”.(4)
Ecco quindi la definizione ed il contenuto di un Piano di Protezione Civile/Emergenza: è l’insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorio. Recepisce il programma di previsione e prevenzione, ed è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio. Ha l’obiettivo di garantire con ogni mezzo il mantenimento del livello di vita” civile” messo in crisi da una situazione che comporta gravi disagi fisici e psicologici.
E Franco Gabrielli (5), a proposito delle polemiche sugli SMS di avviso di eventi avversi, precisa quindi che il problema non è “quello che deve fare un Sindaco” quando riceve un SMS ma “quello che deve fare prima”. E aggiunge “ ci sono regioni e comuni che funzionano e altri che non sanno nemmeno che cos’è un piano di protezione civile”.
A questo indirizzo web è possibile approfondire:
http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piano_emergenza.wp%3Bjsessionid=F80114040B0940BA200466BCC2A60CF4 .
Mentre la mappa della situazione italiana è a quest’ altro:
http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piani_di_emergenza_comuna.wp;jsessionid=FBEDF245C25C437F13EDD842C7776949 .
A questa pagina sono elencati le tipologie di rischio, che sono: sismico, vulcanico, meteo-idro, maremoto, incendi, sanitario, nucleare, ambientale, industriale: http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/rischi.wp

Si riesce a cambiare se la gente modifica i suoi comportamenti e quindi, da consumatrice di sicurezza diventa operatrice di sicurezza. Ma tutti aspettiamo che altri facciano sicurezza per noi.
La resistenza alle avversità ambientale e ad eventi estremi è diventato dunque argomento di conoscenza ed approfondimento anche per i tecnici: infatti nel 2014 a RE-BUILD, un appuntamento che si svolge a novembre, uno dei temi nuovi sarà il “Resilient Design”, come riprogettare i nostri edifici con la capacità di resistere ai cambiamenti climatici e ai cataclismi ambientali.
Se vogliamo sostenere la ripresa economica non è pensabile mantenere lo status quo. Molti leader economici sono ormai giunti a questa conclusione: hanno capito che la scelta non è tra un’economia buona, da un lato, e la protezione del clima, dall’altro, ma che l’azione a favore del clima corrisponde in realtà a una buona scelta economica. I leader europei devono adottare una politica climatica ambiziosa se vogliono assicurare alla propria economia una prospettiva di ripresa sostenibile. (6)

L’attuale modello economico ormai trasferisce risorse da una classe all’altra , da un paese all’altro , da una generazione all’altra : ma non crea alcuna ricchezza reale nè migliora più le condizioni di vita per il 95% dell’umanità. Di contro sta portando a completa devastazione il nostro mondo. Il pianeta e la specie non possono sostenere questo modello …..il punto di non ritorno è più vicino di quanto pensiamo.
“… il futuro non è più per nessuno un’ apertura sul sogno”, ma “gli esseri umani non hanno ancora smesso di avere paura, né di sperare”, perchè “la storia è sempre al di là delle paure e della speranza”. (7)

(1) da ARPAT news nr.249 del 2013
(2) Marc Augè  – Le nuove paure – Bollati Boringhieri 2013
(3) da ARPAT: L’ Europa deve adattarsi per stare al passo con i cambiamenti climatici – 2013
(4) da”intervista a Franco Gabrielli su Panorama nr.50 del 4 dicembre 2013
(5) Capo della Protezione Civile in Italia
(6) da Connie Hedegaard – perchè una politica climatica ambiziosa è nell’ interesse dell’ Europa
(7) Marc Augè – Le nuove paure – Bollati Boringhieri 2013